Francesco Acerbi è stato escluso dalla nazionale italiana per aver usato un insulto razzista, quindi dopo aver visto gli allenatori dare testate ai giocatori e altri fare gesti di sgozzatura, Susy Campanale chiede come possiamo aspettarci che i tifosi si comportino in modo civile quando quelli in campo non possono?

Le ultime due settimane sono state davvero sconcertanti per il comportamento visto dai professionisti in campo. Acerbi è stato solo la ciliegina sulla torta, definendo Juan Jesus un insulto razzista nello stesso fine settimana in cui ogni giocatore e allenatore indossava adesivi con la scritta "Keep Racism Out" e i tattici dovevano leggere uno slogan preparato dopo ogni intervista.

Per quanto odio la frase perché spesso viene usata in modo improprio, si trattava di un puro segnale di virtù: dichiarare una cosa e fare l’esatto contrario. Anche lo slogan era scritto in inglese, suggerendo che fosse più a beneficio del pubblico internazionale che dei tifosi allo stadio.

Questo è l'ultimo problema con come il calcio italiano sta cercando di contrastare il razzismo, violenza e altri comportamenti orribili sugli spalti o in campo: è tutta una questione di pubbliche relazioni più che di vera e propria risoluzione del problema. Si parla di tolleranza zero e poi ogni tentativo di bandire i tifosi o cacciarli dallo stadio viene impugnato dal club, seguito dal sindaco della città che insiste che è una comunità molto tollerante e queste sono poche mele marce.

Ecco la mia preoccupazione: nel calcio italiano si è sempre creduto e detto apertamente che tutto va bene se scoraggia l'avversario. Anche Juan Jesus ha provato a sdrammatizzare la polemica Acerbi, assicurando che "è normale dire qualcosa in campo e poi lasci stare". Non dovrebbe essere normale. Se i professionisti pensano che sia accettabile, allora ovviamente i tifosi diranno che i rumori delle scimmie sono una tattica valida per turbare gli avversari. Questo è esattamente l'argomento utilizzato dagli ultras: in amore e nello sport tutto è lecito.

Stiamo anche assistendo a una rinascita delle “arti oscure” nello sport, come abbiamo visto nelle ultime settimane Cagliari il difensore Yerry Mina pizzica i capezzoli di due diversi avversari, mentre Marcus Thuram ha pizzicato una parte diversa dell'anatomia del difensore dell'Atletico Madrid Stefan Savic. Non mi interessa se ci hanno riso sopra, e nel caso di Savic è perché sa di aver fatto di peggio nel corso degli anni, perché la gente sta guardando e questo costituisce un terribile esempio.

Adesso entrano in campo anche gli allenatori. Roberto D'Aversa è stato esonerato dal Lecce dopo essersi avventato su Thomas Henry e avergli dato una testata Verona attaccante. Ha poi cercato di difendersi nelle interviste televisive, insistendo che Henry lo avesse “provocato”. Dovresti essere tu l'adulto qui, quello che seda i litigi invece di iniziarli.

Una settimana prima, Ivan Juric di Torino è stato espulso e ha fatto un gesto di 'strozzagola' nei confronti di Vincenzo Italiano. IL Fiorentina L'allenatore è andato ad abbracciarlo dopo in diretta televisiva, per rassicurarlo che era tutto alle loro spalle e solo "nella foga del momento". Ma questo è un comportamento profondamente poco professionale e il fatto che Juric se la sia cavata con solo due partite di squalifica dalla linea laterale è un segno di quanto le cose stiano peggiorando.

L'unico modo per cambiare idea è dare l'esempio e nessun ultras si lascerà influenzare da qualcuno che legge blandamente uno slogan quando può vedere benissimo che è performante. Se non sei in grado di controllare i tuoi peggiori impulsi di minacciare razzisti o fisici i tuoi colleghi professionisti, allora non hai posto in quel campo o sulla linea laterale.

2 pensieri su “Acerbi dimostra che gli slogan antirazzisti non hanno senso”
  1. Acerbi è innocente fino a prova contraria! La legislazione italiana è diversa da quella di altre democrazie? Non credo.

  2. Un altro anti-Inter reporter. Hai sentito parlare della presunzione di innocenza? Non mettiamo il carro davanti ai buoi. Nulla è stato ancora dimostrato. Se è vero, allora puoi andare avanti a crocifiggerlo.

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